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Discussione: Il ferro ha salvato la mia vita

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  1. #1
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    Ho finito adesso di leggere tutti e 4 i post, mammamia che scorpacciata!!!

  2. #2
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    Sono impaziente anch'io! Questo racconto mi prende peggio di un telefilm, sei proprio bravo a scrivere complimenti!

  3. #3
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    Grazie a tutti per i commenti. Ho tenuto duro e finalmente concludo.


    Avanti e indietro, settimane e mesi fuori di casa, pasti veloci e di bassa qualità, giornate di lavoro che finiscono dopo 14-15 ore di seguito, Questa è stata la mia vita per otto anni. Con una consolazione, però: tre mesi all'anno di riposo, praticamente tutta l'estate.

    Circa 4 anni fa, mi prese una febbriciattola che non voleva andarsene, e che alla fine mi mise in fila per una visita dal mio medico di famiglia. La situazione poi si risolse da sola dopo qualche settimana e senza strascichi. Intanto, però, il medico mi aveva prescritto delle analisi del sangue. Quando gli portai il referto, disse: “E con questa anemia come va?”. “Perché, sono anemico?”, dissi stupito. “Scusi, ma non lo sapeva? Eppure ce l'ha sicuramente dalla nascita. Quando ha fatto le analisi del sangue l'ultima volta?”. Mi concentrai ma non mi veniva in mente un precedente. “Credo di averle fatte solo per la visita di leva, a 17 anni, ma nessuno mi ha mai detto niente”. Il medico rise. “Ma da bambino avrà fatto sport, si sarà accorto di avere poca resistenza. Lei ha senz'altro una ridotta capacità aerobica ”. Questo non potevo certo negarlo, ma ero incuriosito dal fatto che l'avesse capito leggendo quel foglio di cifre. “Glielo spiego in breve. Ha un'anemia microcitica, nel suo caso ha più globuli rossi del normale, ma più piccoli, e con poca emoglobina. E' ereditaria, qualcuno in famiglia ce l'ha sicuramente”. “Mio padre fu riformato dal servizio militare per anemia.” “Appunto, mi sembra strano che lei mi arrivi qui a più di trent'anni all'oscuro di tutto”. “E che ci vuole fare, son cose che capitano.” “Sì, è vero. Ah, comunque faccia molta attenzione al ferro”. “Prego?”. “Stia attento a non assumere integratori di ferro, un'alta dose le intossicherebbe il sangue.” “La carne posso mangiarla?” “Sì, l'alimentazione è libera. Piuttosto le scrivo la richiesta di analisi mirate, così scopriamo esattamente il tipo di anemia microcitica, ce ne sono vari, non ci si può fare niente e deve tenersela così com'è, ma almeno conosciamo i dettagli”.

    All'uscita dell'ambulatorio, mentre gettavo nel secchio l'impegnativa per le nuove analisi (perché stressarmi di nuovo, se tanto era inutile?), ripensavo a tutte le dolorose iniezioni di ferro che mia madre mi aveva fatto alla fine degli anni '70, e a quanto le avessi odiate. Insisteva con il medico (“è debole, diamogli un po' di ferro”) e quel disgraziato prescriveva, tanto mica le doveva fare lui. Con chi prendersela? Non si sa, e non ha più importanza, ormai. Il medico era già anziano allora, sarà morto da un pezzo, pace all'anima sua.

    In ogni caso la diagnosi mi aveva chiarito molti punti della mia storia. Ora era tutto più limpido. Non ero un bambino svogliato nelle attività sportive, la mancanza di carattere, come dicevano gl iinsegnanti di educazione fisica, non c'entrava nulla. Il motivo per cui non arrivavo in fondo alla corsa aveva una causa oggettiva. Io ero una mezza sega proprio di natura, e avrei potuto anche esibire un certificato per provarlo, se solo qualcuno me l'avesse fornito prima.

    Ma si diceva dello stress lavorativo. Ogni anno a maggio, quando finalmente staccavo e tornavo a casa a riposare, ero sempre un relitto umano. Chili, chili e ore di sonno da recuperare. Per il sonno mi bastava una settimana sul mio materasso e tornavo arzillo e pimpante, per i chili serviva un po' di tempo in più, ma le nastrine facevano sempre il loro sporco lavoro, e passato ferragosto ero rimesso a nuovo e pronto a ripartire.

    Nel maggio del 2009 qualcosa cambiò. Dopo quindici giorni di sonno e pasti regolari ero ancora provato come il giorno in cui ero tornato a casa. Fingevo di non accorgermene, pensando che l'indomani mattina sarebbe avvenuto il miracolo che ogni anno si ripeteva, e io mi sarei alzato dal letto zompettando. Invece non fu così.

    Anzi, un giorno in particolare, al risveglio misi i piedi fuori dal letto e capii cosa prova un ottantenne che deve alzarsi sulle sue gambe per iniziare la giornata. Ero pesante e debole. Le nastrine, invece di distribuire le loro energie per tutto l'organismo, si stavano depositando sull'addome. Per la prima volta in vita mia, stavo accumulando adipe. Mi ritornarono in mente le parole del mio amico, pronunciate come un vaticinio anni prima: “Con le gambette e la pancia, fidati, a 40 anni sarai così”. Aveva ragione, solo che di anni ne avevo solo 37, ma visto la vita che facevo e un punto di partenza non eccelso, avevo anticipato i tempi, invecchiando precocemente. “Che ***** la vita”, pensai, “sono già diventato vecchio. E vabbè, accettiamo anche questa, mi abituerò”. Ma di colpo ebbi paura del futuro. Se ero uno straccio ora, come sarei stato a 50 anni? E a 60? E quanto presto avrei smesso di camminare con le mie gambe?

    Giravo in ansia. Tutti, nella mia città, incontrandomi dicevano: “Certo che sembri ancora un ragazzino, non invecchi mai tu”. Volevo urlare loro: “Forse fuori, ma dentro... dentro sono vecchio, arranco e non sapete quanto rimpiango quello che ero cinque anni fa. Se è vero che l'importante non è l'apparenza ma sentirsi giovani dentro, beh io dentro mi sento vecchio, anzi lo sono”. Sentivo che dovevo fare qualcosa, trovare una soluzione, ma non sapevo quale. Di palestra non se ne parlava, quel tapis roulant avrebbe decretato la mia condanna, e ora sapevo anche il perché. A che serviva mettermi a correre, se correre mi stancava? E quelle serie interminabili alle macchine, quel fiatone, un minuto non sarebbe più bastato a farmi recuperare ossigeno. Degli altri sport, neanche a parlarne. Ma allora cosa? Cosa mi avrebbe ridato un po' di forza fisica? Qualche farmaco ricostituente? Magari un po' di ferro, pensavo sarcastico. E la papaya? Non c'era quel medico che rinvigoriva papa Wojtyła con la papaya? Sì, peccato che il papa era morto poco dopo l'intervista. Le soluzioni semplici servono solo a far arricchire qualcuno, è sempre così. Eppure ci dev'essere qualcosa che possa farmi diventare meno debole.

    Ripescai nella mia mente immagini del passato, dei flash che potessero aiutarmi, darmi un suggerimento. E mi tornava in mente Mr. T in Rocky 3, che pieno di rabbia si tirava su alla sbarra a casa, e Linda Hamilton in Terminator 2, che lo faceva in prigione, e tante altre situazioni in cui qualcuno, per trasmettere una sensazione di forza che dà lì a poco nel film sarebbe esplosa contro un malcapitato, si tirava su. Io li guardavo e pensavo: sono forti, sono in forma. Solo chi è forte e in forma può tirarsi su con la forza delle braccia. E io, sarei stato in grado di fare delle trazioni? Per un attimo immaginai me stesso nell'atto di tirarmi su con il mento oltre una sbarra. Poi, siccome passo gran parte della mia vita davanti a un computer, scrissi su google, quasi senza pensarci, “trazioni”.

    E chi cerca trazioni, trova Ironpaolo.

  4. #4
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    L'articolo “Trazioni: da zero a mito” fu la svolta. Perché io fino a quel momento non pensavo seriamente di cercare una sbarra cui aggrapparmi fisicamente, ma se lo sforzo consiste nel leggere non mi tiro certo indietro. Così cominciai.

    Per quattro settimane ho studiato, scoprendo che c'era un universo di conoscenze dietro la panca piana, che l'alimentazione dei bodybuilder non era un'alchimia di veleni, che c'era chi aveva studiato seriamente queste cose e ne parlava su internet con immediatezza, che trasmetteva il suo sapere e la sua esperienza gratuitamente. Che c'erano dei forum. E tra tutti quelli che visitai, scelsi questo. Perché mi parve il più ordinato, il più leggibile, quello meglio moderato. Per un mese non è che vi lurkai, vi divorai proprio, scoprendo che c'era sempre più da sapere, che questo mondo non era “inspira, espira, dieci ripetizioni”, ma aveva delle basi profonde, e un senso. Lo ammetto, prima di ciò anch'io pensavo che i palestrati non fossero proprio delle cime, ma dovetti ricredermi. Quello che veniva fuori prepotentemente era che si poteva migliorare studiando, che la ricerca di una tecnica sempre più efficace era fondamentale, e che insieme a voi prestanti atleti del ferro c'erano anche un nugolo di novizi che erano come me, con le domande che avrei fatto io 15 anni prima se avessi pensato di ricevere una risposta sensata da qualcuno.

    La mia conoscenza crebbe, o meglio la mia ignoranza diminuì. Ormai rispondevo a mente alle domande dei novizi, sapevo cos'era un prenanna, un Bill Starr e uno schema motorio, e continuavo a rileggere che “una sola, fottutissima, trazione è un risultato notevole”. Un pomeriggio di giugno, formalizzai la mia iscrizione a questo forum e uscii sotto una fine pioggerella per andare a vedere se nel negozio di articoli sportivi della mia città vendessero questa famosa sbarra entroporta.

    Fui fortunato, ne avevano una. Per soli 15 euro potevo finalmente applicare le mie conoscenze. Arrivai alla cassa con più rossori di un tredicenne che va a comprare preservativi da una farmacista amica di sua madre, ma nessuno fece sorrisetti e dopo due minuti avevo la confezione del bagagliaio dell'auto. Corsi a casa in uno strano stato di ipereccitazione e sistemai la sbarra. Capii subito che se fosse scivolata mentre ero appeso potevo disintegrarmi le ginocchia, per cui la montai molto bassa e sistemai dei cuscini sul pavimento. Sistemai la webcam del computer, mi misi in mutande per eliminare ogni zavorra superflua e mi appesi. Non solo non riuscivo a tirarmi su, neanche di slancio, ma dopo due minuti di tentativi le mani cominciarono a farmi un male cane. Smontai la sbarra e tornai al computer, deciso a ritentare il giorno seguente.

    Ironpaolo parla di una trazione, ma avrebbe dovuto aggiungere una trazione “onesta”, perché io per quattro settimane salii di slancio e non da fermo. Da fermo non mi riusciva. Tentavo e tentavo, ma dondolavo e basta. Provai con le negative, e continuavo a dondolare. Non mi vergogno a dire che allo scadere di un mese di quella storia, col computer pieno di video umilianti, stavo per gettare la spugna.

    “Se non ci riesco entro la fine della settimana, mollo”, dissi a mia moglie. “Ma perché, ancora provi? Credevo avessi smesso da un pezzo!”, rispose lei. “No, provo due volte a settimana, sono molto costante”. “Sei diventato più forte?”. “Direi di no, e credimi che è frustrante”. “Immagino, anzi mi stupisco che tu ancora non abbia ceduto, attento a non farti male”.

    Finalmente, nell'ultimo allenamento del mese, il miracolo si compì. Da posizione immobile, aprendo il petto, ruotando il torso di qualche grado, e tirando giù i gomiti con tutta la forza che avevo in corpo, venni su. Avevo ottenuto il mio risultato notevole. Grazie Ironpaolo. Tentai la seconda. Niente. Testimoniai a mia moglie l'accaduto. “Bene, allora ora sai fare le trazioni...”. “Ne so fare una.” “E la seconda?” “Ci sto lavorando, perché sai, io penso che una non basti, cioè per essere sicuro che le sai fare ne servono almeno due di seguito, altrimenti non hai la prova provata”. “E ci vorrà un altro mese? Ah ah ah!”. Diventai serio: “Ci volesse anche un anno, io farò la mia seconda trazione”. Con questa frase mia moglie capì che ero impazzito del tutto.

    Dopo due settimane ebbi la mia seconda ripetizione, ed esattamente tre mesi e mezzo dopo aver cominciato, a metà settembre, presi la telecamera di famiglia e immortalai me stesso di spalle mentre chiudevo con una tecnica accettabile l'incredibile e simbolico numero di 5 trazioni. Mostrai il video a un mio amico sedentario. Disse: “Sei fuori di testa”, ma non accennò al fatto che la prova non fosse niente di eccezionale. Perché lui una trazione non la sapeva fare, e io ne facevo cinque. “A che scopo lo fai?”, mi chiese “mi sembra una gran perdita di tempo”. “Perché mi emoziona”, risposi “e perché mi ha rimesso al mondo”.

    Lui non lo sapeva, ma tra faticare ad arrivare in bagno e chiudere la quinta trazione c'era un universo di studio, di speranza, di impegno, di determinazione e di forza che chi non prova sulla sua pelle non può capire.

    Da quel momento, non volli più ascoltare ragioni da parte di nessuno. Non m'interessò più niente di quello che pensavano gli altri, mia moglie compresa, sull'argomento. Perché l'argomento era a loro sconosciuto e quindi non erano titolati a dissertarne. Acquistai una panca, un bilanciere e un po' di dischi. Misi mia moglie a farmi da spotter e la vidi stupirsi insieme a me dei miei 50kg, poi acquistai un portabilanciere da 69 euro e mi misi a fare squat. Orrendevolmente, con 25kg sulle spalle, le ginocchia che crollavano in avanti e il terrore di farmi male. E lo stacco, che col caldo della stanza e il respiro da trattenere mi faceva quasi collassare in terra tra una ripetizione all'altra.

    Ormai era chiaro al mondo intero che non avrei più mollato. Per allenarmi efficacemente senza rischiare la pelle, acquistai un rack. Quando lo montai fui soddisfatto, perché non era un soprammobile della suocera che se non ti piace lo nascondi in un cassetto, quello rimane là sfrontato e devi imparare ad accettarlo (“Se mi ami , devi voler bene anche al mio rack”, ripetevo a mia moglie sempre più perplessa). Chi veniva a casa mia non capiva cosa fosse, a cosa servisse. Qualcuno si spaventava, qualcuno si appendeva. Un mio amico disse: “Ma non ha le guide, e poi non ha il coso per i pettorali”. Tentai con entusiasmo di coinvolgere tante persone, misi perfino il bilanciere sulle spalle di mia moglie (che non volle mai più ripetere l'esperienza e ancora oggi ripete: “Io odio lo squat”), e continuai a spiegare tutto a tutti, sempre, tentando di coinvolgerli. Dicevo che il fitness, il wellness, le palestre con i macchinari erano una via, ma non l'unica, e quella che avevo scelto io a parer mio era molto più efficace. Qualcuno comprese (mica frequento gente scema), ma nessuno mi seguì sulla via della forza, perché il mondo pensa che la forza non serva, o meglio serva solo se c'è uno scopo pratico, quando non è così. La cosa strana è che vogliono apparire forti, e non capiscono che la via più efficace per apparire forti è essere forti. E che quando sei forte, non ha nessuna importanza se non lo sembri, perché lo sei.

    Raggiungere i piccoli risultati che ho esposto all'inizio di questo lungo scritto mi ha richiesto molto impegno, e mi è costato anche qualche piccolo infortunio, come una violenta contrattura del piriforme che mi ha fatto zoppicare per più di un mese, all'inizio del 2010, (e che temevo fosse l'ernia che il 100% delle persone mi pronosticava). Dall'estate del 2009 mi alleno con costanza, cercando di superare i miei limiti un passo alla volta, e con la speranza di non dover abbandonare mai. Vorrei ringraziarvi tutti, uno a uno, dire a Somoja che ho letto tutto il suo diario due volte, che non vi conosco ma un po' vi conosco, che ammiro i grandi e vorrei essere d'aiuto ai piccoli, che vi sono vicino ogni volta che vi mettete sotto un bilanciere pesantissimo e all'orecchio vi arriva la voce: “Ma cosa fa quello?”.

    Perché una cosa ho capito: nel momento in cui si affronta il ferro si è soli, ma se si sceglie di affrontarlo e lo si può vincere è merito di tutti quelli che condividono questa passione. Se io ho ho preso questa decisione e qualche volta ho vinto, è merito vostro. Il ferro ha salvato la mia vita. Per questo vi dico grazie.

    Il vostro Perdij




    Post Scriptum: Nel settembre scorso ho rivisto, dopo tanto tanto tempo, l'amico che mi aveva predetto un futuro da quarantenne “pancia e gambette”. Era ingrassato e l'abitudine all'alcol gli dava un aspetto ancora più gonfio e sofferente. Quando mi ha visto è diventato simpaticamente acido: “Uh, e che vai in palestra?”. “Una cosa del genere. Perché si vede?”. “Si vede, si vede, sei in forma accidenti a te. Io invece sono ingrassato, devo mettermi a dieta ma mi piace mangiare, per cui ho deciso che mangerò solo pesce, il pesce mi piace e non ha molte calorie”. “Il pesce è buono”, ho detto io sedendomi accanto a lui in silenzio, nella stessa posizione di quando eravamo ragazzini e passavamo le nottate a fantasticare spensierati.

  5. #5
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    Bellissimo!!! Veramente bellissimo. Dal titolo pensavo a un topic un po' trash del 18enne o simile che fa BB da 3 mesi e dice "adesso è la mia vita!"... Per quanto abbiamo storie diversissime mi fa sorridere che un po' mi ci ritrovo anche io nella parte "ho trovato ironpaolo" e la palestra è cambiata.
    Ti faccio i migliori auguri.

  6. #6
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    Complimenti per la determinazione dimostrata, la voglia di misurarti con te stesso e la disponibilità a scrivere e raccontare.
    Confesso che, da storicista quale sono, mi avrebbe fatto piacere leggere di un luogo, di una città ( o più luoghi ) ove la vita si svolge, tra le tante notizie e informazioni che fornisci, per dare una collocazione spaziale e ambientale man mano che la trama si dipana.

    In bocca al lupo per tutto

  7. #7
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    Semplicemente toccante.
    La tua tentimonianza mi fa rendere conto di quanto l' animo umano è fragile ma allo stesso tempo forte, se si decide di prendere la vita di petto e con decisione...nulla è impossibile..

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Perdij Visualizza Messaggio
    La cosa strana è che vogliono apparire forti, e non capiscono che la via più efficace per apparire forti è essere forti. E che quando sei forte, non ha nessuna importanza se non lo sembri, perché lo sei.
    questa frase è bellissima, come tante altre che hai scritto
    avrei solo un appunto da farti

    Vorrei ringraziarvi tutti, uno a uno, dire a Somoja che ho letto tutto il suo diario due volte.
    ma, dico, sei pazzo?!?

    scherzi a parte, il solo fatto di essere stato citato in questo racconto avvicente (che ho dovuto leggere in 2 tempi non per noia ma per via degli impegni) mi inorgoglisce

    ti faccio i miei + sinceri complimenti per i risultati raggiunti, non mi sembra il caso di interrompere tutti questi post di complimenti per consigliarti qualcosa sull'allenamento o sul trattamento della tua anemia (p.s. non è detto che il ferro ti intossichi).

    a presto

  9. #9
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    “Se mi ami , devi voler bene anche al mio rack”

    Ho letto con piacere. Aggiungo i miei complimenti a quelli che mi hanno preceduto... Sei grande, sul serio... Al di là della ghisa, è un racconto che da' un sacco di altre chiavi di lettura importanti...

  10. #10
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    Bellissima la frase del rack, e anche quella quotata da Somoja, dietro cui c'è forse quasi tutto il mondo del bodybuilding che ho conosciuto: ogni tanto qualcuno (che spesso è più secco di me) mi guarda mentre faccio ad esempio i miei modesti stacchi (che però sono fatti secondo la guida di Ironpaolo, quindi con il bilancere che poggia ad ogni rep sul pavimento, che vuol dire tanto casino visti i tonfi tipo pressa per stampaggi) e alla fine della serie mi fa la solita domanda "quante ripetizioni?" risposta "cinque" alchè di solito mi fissano scettici "ah ma tu fai solo forza?"
    A volte rispondo con un "eh già", a volte azzardo una teoria (seppur improria) della forza ipertrofica, ma di solito sorrido e guardo il cronometro

  11. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da Perdij Visualizza Messaggio
    ... ammiro i grandi e vorrei essere d'aiuto ai piccoli, che vi sono vicino ogni volta che vi mettete sotto un bilanciere pesantissimo e all'orecchio vi arriva la voce: “Ma cosa fa quello?”.

    Perché una cosa ho capito: nel momento in cui si affronta il ferro si è soli, ma se si sceglie di affrontarlo e lo si può vincere è merito di tutti quelli che condividono questa passione. Se io ho ho preso questa decisione e qualche volta ho vinto, è merito vostro. Il ferro ha salvato la mia vita. Per questo vi dico grazie.

    Il vostro Perdij
    grande, grandissimo, è stato un piacere leggerti, e queste frasi citate sono da oscar. davvero. sono emozionato.

    chiedo scusa per aver riesumato il post, ma se perdij prima o poi loggherà (mi sembra di vedere che non è più molto attivo), voglio che lo sappia.

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