Originariamente Scritto da
Perdij
chissà perché l'autodidatta si autoconvince che questa seconda parte non sia così indispensabile. magari all'inizio ci prova, ma poi, ottenuta un'apertura che giudica sufficiente, molla subito e non si sforza più (col sedere indietro invece andrà per sempre, nessuno lo smuoverà più). ho mollato io, hai mollato tu, tetsujin accampa subito scuse (non ce l'ho con te, tetsu, è per provare ciò che dico, non sei il primo e l'ultimo che dice 'sta cosa, pure io per anni...)
tutti giudicano di avere adduttori troppo deboli, troppo corti, inadatti e fors'anche inutili allo scopo. e poi si sa, per squattare bisogna andare con i glutei indietro e cercare i femorali.
voglio darvi una brutta notizia, che ho (ri)provato 30 secondi fa: in discesa i femorali mi si attivano bene solo se allargo MOLTO le ginocchia, a circa 45°. se le allargo poco si attivano poco e solo la parte centrale. sento stiracchiare i tendini sopra il ginocchio, ma sotto i glutei poca roba. invece se allargo le ginocchia sento la carne che si gonfia (quella poca che ho), si contrae, tutto il femorale esterno che si fa vivo (il nome non lo so, ma i nomi non fanno le cose, siamo noi che diamo nomi alle cose).
la cosa paradossale è che il secondo postulato recita: "per uscire dalla buca allargare le ginocchia così si attivano glutei e femorali".
ora: com'è possibile che per attivarli andando giù io debba mandare il sedere indietro, e per attivarli tornando su io debba allargare le ginocchia? ma chi ha progettato questi benedetti femorali che in teoria sono fortissimi ma in pratica non si capisce come funzionano?
in realtà il progettista divino l'ha fatti bene, basta capire come funzionano.
glutei e femorali hanno la loro massima attivazione in discesa quando l'anca è extraruotata.
ci sono poi due falsi miti, o meglio, due aspetti del powerlifting che non vengono esattemente compresi e fanno perdere un sacco di tempo agli autodidatti, due soluzioni di tutti i mali per chi non riesce rispettivamente a "sentire" i femorali o a "scendere sotto il parallelo": il box squat e la modifica dello stance.
lo stance è un altro falso mito. "mi sento così", "mi sento cosà", o ancora peggio "allargando scendo di più", "strigendo scendo di più".
ma se c'è invece - lo dico a me e a tutti gli altri - una funzione secondaria dello stance (la prima è ovviamente sentirsi ben piantati a terra e trovare un baricentro "sicuro"), è quella di permettere di allargare le ginocchia. e allargare le ginocchia non significa fare in modo che le ginocchia siano più larghe possibile, ma che l'anca sia extraruotata adeguatamente e qui lo stance diventa secondario.
io l'altro giorno ho scritto una sciocchezza (meglio tardi che mai) quando ho detto che per andare sotto il parallelo bisogna avere i talloni perlomeno a larghezza spalle. dovevo dire che per andare sotto il parallelo bisogna usare, anche di pochissimo, la rotazione dell'anca, aprire le ginocchia (anche con uno stance strettissimo), attivare tutta la muscolatura interna, esterna e posteriore della coscia, invece di limitarsi a quella anteriore. chi non lo fa non va sotto, oppure smolla tutto e ci si butta, ma di certo non ci arriva nella postura migliore, pronto a usare i glutei per risalire.
una parola sull'apertura dei piedi. io penso che ognuno debba usare quella che gli permetta di arrivare agevolmente sotto il parallelo senza sentire troppa pressione nell'anca o senza sentire che è poco stabile. c'è chi riesce a infilarsi tra gli adduttori "stirati" a piedi paralleli (molti weightlifter) o chi ha bisogno di aprirli di più (ironpaolo, ma anche io). c'è gente che se non aumenta l'angolo dei piedi non riesce a ruotare il femore abbastanza, l'importante è non farlo più di quel che serve. in questo particolare aspetto l'estetica mi sembra l'ultima preoccupazione.
ovviamente - sto per concludere - squattare extraruotando quel minimo l'anca, aiuta la verticalizzazione della traiettoria del bilanciere, perché aiuta a non andare in avanti, a sentire femorali e glutei (e adduttori, diciamolo) per tutta la durata della discesa, e a mantenere la rigidità della colonna.
a seconda di quanto saranno distanti i piedi, le ginocchia nella buca cadranno più o meno sulla verticale de piedi stessi, la cosa certa è che sempre e comunque, in questa parte di universo, non devono cadere all'interno, cioè la loro distanza può essere maggiore, ma non deve mai essere minore dell'apertura dei piedi. nel caso di stance molto larghi, sarà verticale:
nel caso di stance più stretti, sarà maggiore:
fatta questa premessa infinita, dico questo: se si mantiene costantemente il baricentro per tutta la durata della discesa tra i piedi (verticalizzazione della traiettoria), data un'identica apertura delle ginocchia (supponiamo 45°), è la distanza dei piedi che determina quanto indietro possono arrivare i glutei. ovvero:
stance stretta: glutei vicini al baricentro (yashiro)
stance larga: glutei indietro (enricopl; questo perché le ginocchia, quando i piedi sono lontani, non vanno avanti più di tanto senza portare avanti con loro il baricentro)
per cui - e qui concludo davvero - il violento colpo dei glutei all'indietro dato dagli autodidatti all'inizio della discesa per "sentire i femorali" non solo non serve a niente, ma a mio avviso è globalmente dannoso per l'equilibrio della discesa. una volta deciso lo stance, e aperte le ginocchia un dato numero di gradi (adduttori a rapporto), se non ci si vuole sbilanciare, si tenga presente che il sedere lo sa da solo dove deve andare, e non si può fare molto per cambiare le cose.
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